[ seduto tra le sue orecchie [1] ]
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Vincent - Naturalmente non conosco quella musica e pur ascoltandola forse guarderei, più che ascoltarla, il musicista. Ma posso dirti questo: che la lingua originale di qui è talmente musicale in bocca alle arlesiane![2]
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Jean-Jacques Rousseau nell’Emile scrive:
A questo enunciato Vincent sembra rispondere con la rapidità stenografica di una pittura immediata come lo sguardo, con la quale dimostra che così come abbiamo un organo che risponde all’udito abbiamo pure un organo che risponde alla vista per rendere i colori come i suoni.
La pittura è proprio un mezzo in più per coltivare il senso della vista, esercitando l’organo attivo della mano per l’organo passivo dell’occhio.Tuttavia la pittura in Van Gogh non è la langue dell’occhio, ne è la parole. “Le sue nature morte sono spesso soggetti personali, piccoli pezzi esterni del sé esposto…” - dice Schapiro.[4] |
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No. Le cose di Van Gogh non sono frammenti del sé che si spinge fuori - a colonizzare il mondo, magari fino alle isole Marchesi - piuttosto lui stesso è un frammento delle cose…
“Quando Mauve vide i miei studi, mi disse subito: State troppo vicino al modello”- ricorda Vincent. E troppo vicini alla “cosa” si è in pericolo... Tuttavia: "Suona piuttosto grossolano - scrive Vincent al fratello - ma è perfettamente vero: Il sentimento per le cose stesse, per la realtà, è molto più importante del sentimento per le immagini, se non altro è molto più fertile e vitale".[5] Da Arles Vincent aveva scritto a Gauguin invitandolo a “fare della pittura ciò che già prima di noi ha significato la musica di Berlioz e di Wagner: l’arte del conforto per i cuori spezzati! ma sono in pochi a sentire come noi”, commenta per concludere.[6]
“Una parte distaccata, un orecchio tagliato, ma a chi?”- si era chiesto Jacques Derrida, in cerca del mutilato a cui restituirlo.[8]
“Una parte distaccata, un orecchio tagliato, ma a chi?” - insiste Jacques Derrida.
“Una parte distaccata, un orecchio tagliato, ma a chi?”- continua a chiedersi Derrida.
“Una parte distaccata, un orecchio tagliato, ma a chi?”- continua a interrogarsi l’ostinato Derrida. Ebbene, ci sono almeno due quadri autoptici che non lasciano dubbi sul possessore di quest’orecchio - che fa parte della serie delle paia: un paio di scarpe, un paio di guanti, un paio di libri, un paio di sedie, un paio di girasoli e… appunto, un paio di orecchie, da spaiare[12] e da espiare per i crimini previsti tuttora dalle legislazioni correnti. “L’orecchio è la caricatura dell’occhio”, era scritto sul pilastro in cemento giusto sotto un cavalcavia della stazione Tiburtina di Roma: spelonca assordante per lo sconforto dei cuori infranti del vagabondo e del mendicante. |
[1] - Knut Hamsun, Dopo un anno e un giorno; riportato da Heidegger in Introduzione alla met. cit. p. 37-38 (cfr. infra p. 95, nota 4).
[2] - Vincent a Theo, Arles 3 febbraio 1889 (n. 745-576). [3] - J.J. Rousseau, Emilio o dell’educazione, ed. La Scuola, Brescia 1945, p.161; citato da Derrida in “Della grammatologia” (1967), Editoriale Jaca Book, Milano 1998, p. 143. [4] - Così la traduzione del passo di Schapiro in Restituzioni di Derrida. Nell’edizione italiana del 1966 del Van Gogh di Schapiro, si legge:“Piccoli frammenti esterni dell’io…” . Vedi sotto Materiali. [5] - Vincent a Theo, Etten 23 dicembre 1881 (n. 193-164), e L’Aia, 21 luglio 1882 (n. 250-218). [6] - Vincent a Gauguin, Arles 21 gennaio 1889 (n. 739-VG/PG). [7] - Vincent a Bernard, Arles 2 novembre 1888 (n. 716-B.19a). [8] - Derrida, Restituzioni, cit. pag 261. [9] - Vangelo di Giovanni 18.10. [10] - Karl Marx, Il Capitale, Libro I, sez. VII - Legislazione sanguinaria contro gli espropriati dalla fine del secolo XV in poi. Leggi per l’abbassamento dei salari. (cap. ventiquattresimo 3). Vai Allegato [11] - Ivi. [12] - Spaiate le paia sono inservibili. E questo è certo un modo diverso da quello di Heidegger per mettere a riposo il paio di scarpe e farne apparire la “cosità”. Ma le due scarpe (spaiate) adottate da van Gogh sarebbero già un modo, diciamo così, “estetico” di porsi di fronte alla realtà; e il quadro che avrebbe tratto da questo “motivo” mostruoso, null’altro che una pedanteria rispetto quel suo primo atto creativo (o Vincent, dipingendolo, diviene un salvaguardante?) - Su divisione e separazione: “Io pure ho dei rimorsi pensando alla pena che da parte mia ho causato, seppure involontariamente, a Gauguin. Ma prima degli ultimi giorni io non vedevo che un’unica cosa, cioè che lavorava col cuore diviso fra il desiderio di andare a Parigi per la realizzazione dei suoi programmi e la vita ad Arles”. [Vincent a Theo, Arles 22 gennaio 1889 (n. 741-573]. |
Da sinistra: La sedia di Paul Gauguin (la sedia vuota) (F 499); Arles, dicembre 1888, olio su tela cm.90,5x72,5; Amsterdam, V.G. Museum.
– Vecchio disperato- sulla soglia dell’eternità (F 702); Saint-Rémy, aprile-maggio 1890 (dal disegno F 1662, L’Aia, Novembre 1882); Kröller-Müller Museum, Otterlo. – La sedia di Vincent con pipa (F 489); Arles, dicembre 1888; olio su tela cm.93x73,5; Londra, National Gallery. |
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§ [ seduto tra le sue orecchie ]
Nota 4 - “Le sue nature morte sono spesso oggetti personali, piccoli frammenti dell’io presentati con cose meno personali ma sempre significative.” M. Schapiro, Van Gogh, cit. p. 88. “Van Gogh sente il bisogno di un’oggettività umile e ovvia, come altri potrebbero sentire il bisogno di angeli o di Dio o di forme pure; facce amiche, le cose non problematiche che vede attorno a sé, i fiori, le strade e i campi, le sue scarpe, la sua sedia, il suo cappello e la sua pipa, gli arnesi sulla sua tavola sono i suoi oggetti personali che gli vengono incontro e gli parlano. Potremmo citare quello che egli scrisse in un altro contesto: ‘Sembra un po’ rozzo, ma è proprio vero: il sentimento per le cose stesse, per la realtà, è molto più importante che il sentimento per i quadri, se non altro è più fertile e vitale’.” (ivi, p. 29). |
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GUANTI | DISPARATI OGGETTI PERSONALI IN PELLE E OSSA |
parte terza H.D.S. MAROQUINERIES
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